L’incredibile ed immeritato successo al botteghino di Alice in Wonderland di Tim Burton nel 2010 e l’irrefrenabile mania di serializzare qualsiasi prodotto dal pubblico trasversale da parte del sistema hollywoodiano, hanno dato il via ad una delle più pericolose e meno stimolanti tendenze cinematografiche degli ultimi anni: la trasposizione – preferibilmente in chiave dark – delle fiabe classiche. Nell’ultimo lustro ci sono state regalate porcate di successo come Biancaneve e il cacciatore, Cappuccetto rosso sangue e Maleficent, nessuna delle quali era riuscita nell’intento di ricreare la magia dei testi originali, né tantomeno aveva contribuito ad aggiungere qualcosa di innovativo. Ecco che in questo contesto, disastroso e desolante, le aspettative per il Cenerentola di Kenneth Branagh erano ai minimi storici. Ogni tanto, però, è decisamente piacevole essere smentiti, e lo è anche di più l’essere sorpresi: la trasposizione cinematografica del classico Disney messa in scena dal regista britannico riesce laddove tutti avevano finora fallito, creando un gioiello di pura magia.
Branagh ha dimostrato che a volte, il cinema, è una semplice questione di equilibrio, in cui, dosando al meglio gli ingredienti a propria disposizione, è possibile costruire un marchingegno calibrato che funziona su tutti i fronti. Ed è in questo modo che, inaspettatamente, il film Disney, presentato fuori concorso alla 65ª Berlinale esattamente 65 anni dopo la presentazione del classico d’animazione (che si portò a casa, tra l’altro l’Orso d’oro per il miglior film musicale), ha emozionato e commosso i giornalisti provenienti da tutto il mondo che, tornati bambini per quasi due ore, si sono abbandonati all’unico applauso a scena aperta concesso ad un film in corso di proiezione durante tutti gli undici giorni. Uno dei pregi dell’adattamento firmato dal regista britannico e dallo sceneggiatore Chris Weitz è l’aver evitato la trappola della moda di cercare stravolgere a tutti i costi il testo originale, rendendo protagonisti gli antagonisti, mandando in guerra delle principesse corazzate o realizzando spin-off basati su personaggi secondari, con l’unico intento di voler sovvertire i canoni del racconto fiabesco. Cenerentola fa del “ritorno” allo spirito dei classici Disney il proprio punto di forza, non avendo timore di puntare sui valori e i principi tipici della fiaba originale per fare breccia nei cuori degli spettatori, ma anzi sfruttando i “buoni sentimenti” veicolati dalla protagonista per ricordarci che in questo mondo, ogni tanto, è necessario che qualcuno ci faccia sperare che fare della gentilezza il proprio stile di vita possa aiutare a realizzare i propri sogni.
Ad interpretare Cenerentola e Principe Azzurro troviamo Lily James e Richard Madden, due volti freschi provenienti dalla serialità televisiva (Downtown Abbey lei, Il trono di spade lui), ma a rubare la scena a tutti c’è sicuramente una eccezionale Cate Blanchett, che con la sua matrigna accecata dall’invidia regala a tutto il film uno spessore che di rado si trova in prodotti di questo genere. A restituire l’indimenticabile grazia dei disegni del Classico Disney ci hanno pensato ancora una volta le straordinare scenografie di Dante Ferretti e i magnifici costumi di Sandy Powell.