“All’inizio ci siamo buttati in quest’avventura con molta ingenuità e con l’idea soprattutto di realizzare film che non avessero canzoni, villaggi felici in cui tutti ballano, villian troppo marcati o storia d’amore. Il bello è che, siccome eravamo agli inizi, abbiamo chiesto consiglio alla Disney: ci hanno detto di fare film con canzoni, villaggi felici, villian marcati e storie d’amore! Così abbiamo fatto di testa nostra” Andrew Stanton (Alla ricerca di nemo, Wall-E)
Nel weekend del Ringraziamento del 1995 usciva Toy Story, primo lungometraggio dei Pixar Animation Studios: da quel momento in poi il cinema d’animazione non sarebbe più stato lo stesso. Il film di John Lasseter uscì in un momento storico in cui la Disney aveva il controllo totale nel panorama mondiale dell’animazione e non esisteva praticamente nient’altro se non i musical a cadenza annuale prodotti dalla casa di Topolino. Toy Story fu in questo senso un film rivoluzionario, che non concepiva l’animazione come un genere, ma come un mezzo per riuscire a realizzare dei film che non avessero alcun limite creativo, con l’idea di fondo di non creare delle opere per bambini, ma anche per bambini. Toy Story diede il via a quello che è stato un periodo d’oro per il cinema d’animazione in generale, in cui per più di una decina d’anni sono usciti una serie di prodotti innovativi che hanno progressivamente sperimentato e creato nuove vie di concepire e raccontare storie utilizzando questo mezzo dalle possibilità infinite, e nel quale i film targati Pixar hanno sempre rappresentato un punto di riferimento per tutti. Col tempo però sono emersi degli standard narrativi che hanno incontrato i favori del pubblico (e dei box office), ponendo così fine alla ricerca di novità e favorendo la ripetizione di formato collaudati, con la conseguente proliferazione di sequel. Questa crisi creativa sembrava purtroppo aver colpito anche la Pixar, che con gli ultimi film aveva intrapreso una fase calante, producendo una serie di opere che non potevano nemmeno competere con la sequela di capolavori inanellati nei primo decennio del 21º secolo. A riportare la luce è finalmente arrivato Inside Out di Pete Docter, un vulcano di invenzioni ed emozioni che potrebbe rappresentare il punto più alto mai raggiunto dagli studios.
Il nuovo film del regista geniale di Monsters & Co. e Up sfrutta tutte le potenzialità del mezzo a propria disposizione per penetrare ed ambientare la storia all’interno della mente di una bambina di 12 anni, facendo diventare le sue emozioni (Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto) le protagoniste di un’avventura che spazia tra sogni, sentimenti e ricordi contenuti in sfere colorate.
La piccola Riley vive un periodo di transizione, in cui i cambiamenti, come il trasferimento in un’altra città per il lavoro del padre ed il passare del tempo, assottigliano sempre di più il confine che segna il passaggio dall’infanzia alla pubertà. E come lei sembra non riuscire a gestire l’abbandono della vecchia casa, delle amicizie e delle abitudini per affrontare un mondo nuovo, così le sue emozioni si ritrovano costrette ad intraprendere un viaggio sul treno dei pensieri nell’inconscio dei ricordi per poter maturare una consapevolezza che riporti l’ordine e la pace nella mente di Riley.
Un viaggio forzato, dettato dall’imprevedibilità di un cambiamento necessario e naturale, che rende Inside Out probabilmente il “coming of age” più geniale di sempre, dove la trasformazione di una bambina viene spiegata attraverso la perdita del controllo e di ogni certezza, in cui viene messo in scena un processo di rifondazione interiore nel quale è impossibile non identificarsi. L’allontanamento di Gioia dai comandi della testa della bambina riesce infatti a restituire visivamente e narrativamente, in maniera sempre lucida, semplice e tremendamente divertente, la nascita delle sfumature e dei sentimenti contraddittori in quella che fino a poco prima era una mente abituata ad ospitare solamente delle emozioni pure e semplici, conducendo per mano lo spettatore in un viaggio emotivo semplicemente travolgente.