Christopher Lee
Premio Urania d’argento alla carriera 2009
Nato a Londra nel 1922, Christopher Frank Caradini Lee, figlio di una contessa italiana e di un ufficiale dell’esercito inglese, fece il suo debutto artistico interpretando Rumpelstiltskin nell’omonimo spettacolo durante un’infelice e breve permanenza in una scuola svizzera. “Ho imparato fin dall’inizio che le battute migliori vengono date ai cattivi e che questi colpiscono maggiormente il pubblico.” Dopo aver servito come ufficiale dei servizi segreti, Lee scivolò lentamente nella recitazione, con una breve frequentazione dell’infame Charm School (scuola di recitazione per giovani attori) del produttore J. Arthur
Rank. Sebbene considerato “troppo alto e dall’aspetto troppo poco familiare” Lee divenne un caratterista per le più svariate produzioni e fu da subito molto impegnato. Il suo primo lavoro fu nel 1947 con il primitivo show TV registrato dal vivo Kaleidoscope e con il thriller Il mistero
degli specchi (Corridor of Mirrors).
Nei dieci anni successivi, le apparizioni cinematografiche di Lee spaziarono da ruoli non accreditati (gridava “luci” nell’Amleto di Olivier, il suo primo film con Peter Cushing, e fu Seurat nel Moulin Rouge di John Huston) a ruoli da protagonista in B-movie (un killer dalla doppia personalità in Alias John Preston), oltre a un notevole numero di interpretazioni in produzioni televisive (Douglas Fairbanks Presents, Errol Flynn Theatre). La sua altezza e l’aspetto ‘straniero’, uniti a una notevole facilità ad apprendere lingue e dialetti, gli valsero ruoli come il capitano spagnolo in Captain Horatio Hornblower RN, un poliziotto svedese nel film La valle delle aquile (Valley of Eagles), un barman uruguaiano in La battaglia di Rio della Plata (The Battle of the River Plate), un ufficiale nazista nel film Colpo di mano a Creta (I’ll Met By Moonligh) e il sadico marchese St. Evremonde nella versione di Verso la città del terrore (A Tale of Two Cities) con Dirk Bogarde. Il fatto che non rientrasse nei canoni letterari del cinema inglese degli anni ’50, con la sua divisione tra ‘ufficiali’ e ‘uomini’, fu dimostrato dalla sua strana apparizione nel ruolo di un sottufficiale cockney nel film di Nicholas Ray Vittoria amara (Bitter Victory).
Nondimeno, i teledipendenti della fascia pomeridiana, aguzzando la vista, possono riconoscere Lee in film quali La tragedia del capitano Scott (Scott of the Antarctic), Il duca e la ballerina (Trottie True), They Were Not Divided, Prelude to Fame, Il corsaro dell’isola verde (The Crimson Pirate), Innocents in Paris, Tempesta sul Nilo (Storm Over the Nile), Sopravvissuti: 2 (The Cockleshell Heroes), Operazione fifa (Private’s Progress) e Indagine pericolosa (Fortune is a Woman).
Il momento di svolta nella carriera di
Lee avvenne nel 1957 quando la Hammer Films, forte del successo del monster movie fantascientifico in bianco e nero The Quatermass Experiment, decise di investire in un remake a colori di un classico dei monster movie, con Terence Fisher alla regia e Jimmy Sangster alla sceneggiatura di La maschera di Frankenstein (The Curse of Frankenstein). In questa versione, il ruolo principale era quello del barone Frankestein, interpretato da Peter Cushing, attore altrettanto impegnato ma decisamente più noto. La Hammer aveva bisogno però di qualcuno di molto alto per il ruolo del Mostro. L’agente di Bernard Bresslaw chiese però una cifra esorbitante e così Christopher Lee andò ai Bray Studios per farsi ricoprire completamente con un macabro make-up.
Il film fu un successo, ma Lee non ebbe il riconoscimento che meritava: recitando all’ombra di Boris Karloff, la cui interpretazione del ruolo era autorevole, la Creatura di Lee prendeva vita appena dopo un’ora di film ed era più che altro un animale minaccioso, di cui ci si liberava con un tuffo in una vasca di acido. Nei sequel il Barone sarebbe potuto ritornare ma ci sarebbe stato necessariamente bisogno di nuovi mostri. In ogni caso si trattava di un cameo che spaventava e colpiva, con una scena brillante in cui la Creatura, già orribile di suo, veniva ripresa dopo un’operazione al cervello, con nuove cicatrici oltre a quelle vecchie, e con patetica vanità si voltava, cercando di nascondere la sua nuova deformità. “Il mio viso era nascosto dalle cicatrici, il mio corpo era avvolto da bende: ero una specie di fagotto che si muoveva.” disse Lee. “Ma poi fu la volta di Dracula
e allora capii che se volevo proseguire
per questa strada, avrei avuto una
lunga carriera.”
The Curse of Frankenstein fu un tale trionfo che la Hammer non volle correre rischi nella pianificazione dei sequel: mantenne gli stessi attori, regista, sceneggiatore e tanti altri membri dello staff per l’inevitabile Dracula (Horror of Dracula). Sebbene di nuovo sullo schermo solo per pochi momenti, Lee conquistò il film: un attimo prima soave nel mettere un ospite a proprio agio, e un momento dopo un selvaggio dai denti aguzzi pronto per l’assalto.
Il Conte dal cappotto fiammeggiante e profanatore di boudoir ha un confronto finale molto fisico con il Van Helsing di Cushing, facendo di Dracula uno spaccone sovrannaturale, regalando una sublime scena di polverizzazione all’alba. Con questo, Lee divenne una star dell’horror al pari di Cushing, ma la Hammer sembrò non accorgersene. Nel film La Mummia (The Mummy), si ritrovò di nuovo avvolto dalle bende, impressionante e impassibile in un ruolo che si addiceva di più a uno stuntman. Poi la Hammer gli passò in gran quantità ruoli da non protagonista, come cattivo o eroe, in film quali La furia dei Baskerville (The Hound of the Baskervilles), L’uomo che ingannò la morte (The Man Who Could Cheat Death), Il mostro di Londra (The Two Faces of Dr Jekyll), La casa del terrore (Taste of Fear), Lo sguardo che uccide (The Gorgon) e La dea della città perduta (She).
La società poi fece anche dei sequel dai film che lo avevano reso una star, ma senza di lui, riproponendo Cushing per La vendetta di Frankenstein (The Revenge of Frankenstein) e Le spose di Dracula (The Brides of Dracula). Nel frattempo, altri produttori nel Regno Unito e in tutt’Europa gli offrirono ruoli horror di ben più grande interesse e sostanza: il ladro di cadaveri contrapposto a una leggenda del cinema di genere come Boris Karloff nel film Corridors of Blood, la parodia del vampiro nell’italiano Tempi duri per i vampiri (Uncle Was a Vampire), un mago mefistofelico nel francese Le mani dell’altro (The Hands of Orlac), un professore satanista in La città dei morti (City of the Dead , noto anche con il titolo Horror Hotel). Fece un’apparizione in un paio di film, munito di sottili baffi, nei panni di un faccendiere frequentatore di strip club di Soho: Beat Girl e Londra a mezzanotte (Too Hot to Handle). Finalmente allora la Hammer gli offrì ruoli di primo piano, ma in esotici film di avventura (Il terrore dei Tongs – The Terror of the Tongs, I pirati del fiume rosso – The Pirates of Blood River, La nave del diavolo – The Devil-Ship Pirates), mentre sceglievano Herbert Lom per il loro Fantasma dell’opera (Phantom of the Opera), Paul Massie come Jekyll e Hyde e Cushing per tutti gli altri film. Per tutti gli anni ’60, Lee andò su e giù per l’Europa, interpretando, a seconda delle circostanze, ruoli principali e particine, realizzando film straordinari, ordinari e atroci. In Italia, per Mario Bava, interpretò Ercole al centro della terra (Hercules in the Haunted World) e il notevolissimo sado-romantico La frusta e il corpo (The Whip and the Flesh), quindi tornò a ruoli gotici e sinistri nel film di Camillo Mastrocinque La cripta e l’incubo (Crypt of Terror), quello di Antonio Margheriti, La vergine di Norimberga (The Virgin of Nuremberg), e Il castello dei morti vivi (Castle of the Living Dead) di Herbert Wise e Michael Reeves. In Germania, diede il suo contributo al ciclo tratto da Edgar Wallace (L’enigma dell’orchidea rossa – Das – Rätsel der roten Orchidee), fece un altro bizzarro film di vampiri (Das Schlangengrube und das Pendel ) e interpretò Sherlock Holmes (Sherlock Holmes und das Halsband des Todes ). I rivali della Hammer quindi cominciarono a scritturarlo con molta più immaginazione: diversi ruoli in film horror ricchi di star, per produzioni come la Amicus (Le cinque chiavi del terrore – Dr. Terror’s House of Horrors, Il teschio maledetto – The Skull, La casa che grondava sangue – The House That Dripped Blood), l’American International (La rossa maschera del terrore – The Oblong Box, Terrore e terrore – Scream and Scream Again), la Tigon (Le messe nere – Curse of the Crimson Altar, Il terrore viene dalla pioggia – The Creeping Flesh), e lo vollero persino la Planet (Demoni di fuoco – Night of the Big Heat) e la Pennea (Il teatro della morte – Theatre of Death). Iniziò quindi un nuovo ciclo semi-horror per il produttore Harry Allan Towers, Fu Manchu A.S. 3 – operazione tigre (The Face of Fu Manchi), nel 1964, ritornando (come promesso dal crescendo della voce di Devil Doctor sopra all’immagine dell’esplosione del suo ultimo nascondiglio) per quattro volte al ruolo partorito dalla diabolica mente di Sax Rohmer, sebbene la serie passasse poi dal rispettabile Don Sharp (Il giorno dei fazzoletti rossi – Brides of Fu Manchu), a Jeremy Summers (La vendetta di Fu Manchu – The Vengeance of Fu Manchu) all’infaticabile, ma a intermittenza, Jesus Franco (Il castello di Fu Manchu – Castle of Fu Manchu, Blood of Fu Manchu). La Hammer alla fine promosse Lee al livello di Attore di Gran Valore nel 1965, scritturandolo per una replica del suo ruolo più grande in Dracula, Principe delle tenebre (Dracula, Prince of the Darkness), e subito dopo per l’interessante anche se storicamente marginale Rasputin, il monaco folle (Rasputin, the Mad Monk), per poi assegnargli un ruolo ardito ed eroico in un progetto che egli stesso aveva presentato allo studio, The Devil Rides Out di Dennis Wheatley. Nonostante il successo del film di Wheatley e la crescente evidenza della straordinaria versatilità di Lee, la Hammer lo chiamò solo per ruoli vampireschi in film che valevano a stento la pena di sforzarsi, per il grande attore, quali che fossero i loro punti di forza e le loro debolezze: Le amanti di Dracula (Dracula Has Risen From the Grave), Una messa per Dracula (Taste the Blood of Dracula), Il marchio di Dracula (Scars of Dracula), 1972: Dracula colpisce ancora (Dracula A.D. 1972) e I riti satanici di Dracula (The Satanic Rites of Dracula). Nonostante un’interpretazione coraggiosa, con una diversa lettura del ruolo, per il film di Franco Il conte Dracula (El conde Drácula), nonostante la maggior esplorazione del contesto e del ruolo nel breve In Search of Dracula, e nonostante avesse interpretato il cameo del Conte in Controfigura per un delitto (One More Time) e Magic Christian (The Magic Christian) e una parodia in Dracula, père et fils, Lee spese molto tempo in interviste e dimostrandolo sullo schermo che la sua versatilità offriva una gamma di interpretazioni che andava ben oltre mordere attricette e far frusciare il mantello.
Nei primi anni ’70 Lee prende in mano la sua carriera e organizza i suoi progetti nell’ambito dell’horror (spesso in coppia con Cushing), senza particolari costrizioni, interpretando la parte di Jekyll e Hyde in La vera storia del dottor Jekyll (I, Monster) nella deludente versione Amicus, producendo e recitando nel macabro thriller Il cervello dei morti viventi (Nothing But the Night), e lottando con Cushing nello sciocco Horror Express (Panico en el Transiberiano). In questi anni Lee mise il suo talento a servizio del film The Wicker Man, lavoro notevolissimo di Robin Hardy, e dell‘ultimo afflato horror della Hammer, un altro racconto di Wheatley, Una figlia per il diavolo (To the Devil a Daughter).
Gli horror a basso e medio budget hanno fatto di Lee una star, ma egli spinse al limite il genere con i suoi ruoli nelle produzioni maggiori: interpretò Mycroft, il fratello più intelligente di Sherlock Holmes nel film di Billy Wilder, dolorosamente sottovalutato, The Private Life of Sherlock Holmes, e Rochefort, lo spadaccino dall’occhio bendato nel film di Richard Lester I tre moschettieri (The Three Musketeers) e nei suoi sequel, e il cattivo in Agente 007: l’uomo dalla pistola d’oro (The Man with the Golden Gun). Nella metà degli anni ’70, Lee si trasferì a Hollywood, e apparse in film traballanti, ma con cast stellari, come Airport’77, Ritorno dall’ignoto (Return from Witch Mountain), Caravans Bear Island e 1941: Allarme a Hollywood (1941) di Steven Spielberg. Interpretò anche il ruolo del cattivo in film per la TV (Captain America II), condusse il Saturday Night Live, fece un’apparizione in Charlie’s Angels, fu un prete alieno in The End of the World, impersonò il Duca di Edimburgo in Charles and Diana: A Royal Love Story e finì in qualche modo nell’hollywoodiano Morak – il potere dell’occulto (Hollywood Meatcleaver Massacre) e in L’ululato II (Howling II: Stira, Werewolf Bitch), rifiutando invece il ruolo di Donald Pleasence in Halloween. Nel Regno Unito, il film La casa delle ombre lunghe (House of the Long Shadows) di Pete Walker fu un deludente ultimo grido di gioia per le star dell’horror – tra cui Vincent Price, Peter Cushing and John Carradine – ma Lee visse ancora momenti di gloria con la parodia australiana del supereroe The Return of Captain Invincible e con Gremlins 2: La nuova stirpe (Gremlins 2: The New Batch) di Joe Dante. Ritornato in Inghilterra e a diverse opportunità di lavoro in Europa, Lee diventò il re delle miniserie, spesso con ruoli in costume o esotici come vecchie versioni di personaggi da lui già interpretati negli anni ’50. Dopo The Far Pavilions e Shaka Zulu, apparve in camei di spicco in nuove versioni di Casanova, Il giro del mondo in 80 giorni (Around the World in 80 Days), The French Revolution, Moses, L’isola del tesoro (Treasure Island) e L’Odissea (The Odyssey), e riprese un suo vecchio ruolo in Sherlock Holmes: The Golden Years. A parte alcuni curiosi film horror (Panga, Funny Man, Talos, l’ombra del faraone – Talos the Mummy) negli anni ’90, le sue apparizioni restano eclettiche più che mai, passando abilmente dal serio ufficiale in Scuola di polizia – missione a Mosca (Police Academy: Mission to Moscow) all’eccezionale star di Jinnah, un’epopea che ha cercato di fare per il fondatore del Pakistan quello che Richard Attendborough fece per Gandhi. Ad un’età in cui la maggior parte degli attori pensa alla pensione e a lucidare i premi alla carriera, Lee – forse con sua stessa sorpresa – si è ritrovato con i lavori più importanti della sua carriera.
Alla fine degli anni ’90 ha interpretato un cameo degno di nota ne Il mistero di Sleepy Hollow (Sleepy Hollow) di Tim Burton, ha avuto un importante ruolo nell’adattamento per la televisione di Gormenghast ed è stato protagonista del programma della BBC Ghost Stories for Christmas, con la lettura di un racconto di M.R. James, mentre il nuovo secolo portava l’attore, giunto alla soglia degli ottant’anni, ad alcuni ruoli in produzioni blockbuster -il “carismatico separatista” Conte Dooku nella saga di George Lucas Star Wars , episodio II: l’attacco dei cloni (Star Wars: Episode II – Attack of the Clones), e il mago bianco diventato esponente del male Saruman nella trilogia de Il Signore degli anelli (The Lord of the Rings) di Peter Jackson. È inoltre tra gli interpreti de La fabbrica di Cioccolato (Chocolate Factory), La bussola d’oro (The Golden Compass), Il colore della magia (The Colour of Magic), dove presta la voce al personaggio Morte, e Alice nel paese delle meraviglie (Alice in Wonderland). Nominato cavaliere nel 2009, proprio mentre una rediviva Hammer Films lo vuole nel cast di The Resident, Sir Christopher Lee continua a onorare il cinema con la sua magistrale e al contempo versatile presenza.