Joe Dante
Premio Urania d’argento alla carriera 2007
Celebrare Joe Dante a Trieste – “seconda patria”, fin dai primi Sixties, del suo padrino Roger Corman – significa riabbeverarsi alle sorgenti d’una delle ere più fruttuose e irripetibili del cinema americano: gli anni ’70, e in particolare la New World Pictures – yes, Film del Nuovo Mondo – la compagnia che Corman gestì e diresse con successo durante quel decennio. Tra le tante testimonianze d’epoca su quella vulcanica fucina di talenti, ecco ad esempio cosa scriveva un collega francese dal Festival del cinema americano di Deauville 1976: “Quasi sempre i film New World Pictures prodotti da Corman tentano di respirare un’aria libera, condizionata unicamente da due fattori commerciali, sesso e violenza…
Lo humour e lo spirito della Fabbrica Corman vengono presi in giro dal film dei debuttanti cormaniani Joe Dante e Allan Arkush Hollywood Boulevard, brillante satira dei “Kings of the B’s” attuali, uno scherzo perpetuo che mescola citazioni (Bava, Corman, Fuller…), private jokes (il regista stroheimiano del film è interpretato da Paul Bartel, autore di Death Race 2000, un altro hit New World), stockshot, mandando in estasi i fan del film di serie B. Con un po’ più di cura e rigore avrebbe potuto essere il Sunset Boulevard del sottogenere: così com’è rimane un autoritratto menzognero e nello stesso tempo rivelatore su un settore di una vivacità incredibile. Viva Corman!” (L. Codelli, Positif, novembre 1976).
Passarono vari lustri, Joe Dante divenne meritatamente famoso per i suoi virulenti Gremlins, Explorers, e Amazing Stories. E nell’agosto 1999 il Festival Internazionale di Locarno allestì una memorabilissima retrospettiva intitolata “Classe 1970: Joe Dante e la Seconda Generazione Corman”.
(La prima generazione Corman, come tutti sanno, aveva annoverato cineasti quali Coppola, Scorsese, Bogdanovich, Jack Nicholson, Robert Towne ecc). Due i cataloghi dell’evento, simili ma non identici, curati da Bill Krohn e Jonathan Rosenbaum: Hollywood Boulevard. Joe Dante e l’altro cinema indipendente, Edizioni Olivares, Milano, tuttora disponibile; Joe Dante et les Gremlins de Hollywood, Cahiers du Cinéma, Parigi.
Oltre a presentare i corti e i lunghi di Dante & Company, Marco Müller, direttore del Festival, invitò Joe Dante, Allan Arkush, Monte Hellmann, Roger e Julie Corman, Paul Bartel, Stephanie Rothman, gli attori Mary Woronov, Kevin McCarthy, Dick Miller – l’icona cormaniana che lega tutte quante le generazioni -, i produttori Jon Davison e Michael Finnell.
Mancavano John Sayles, Pino Donaggio e altri “scolari” della stessa leva. Quel gruppo di inseparabili animò giorno per giorno non solo gli abituali “Q&A”, i dibattiti paludati. Ma assistette ilare e su di giri ai propri “vecchi” film al Cinema Rex, coi microfoni in mano, accesi anche durante le proiezioni.
Ne abbiamo sentite di battute, aneddoti, gag, “fuck!”, “come eravamo”, assistendo, ad esempio, al diluvio di trailer demenziali che Joe Dante aveva montato per la New World, con zampa iper-eisensteiniana; o ai lacerti di The Movie Orgy, il delirio di spot che Dante aveva iniziato a partorire nel 1966 presso il Philadelphia College of Art. O ancora constatando come tuttora Hollywood Boulevard morda (e fugga) quasi più del suo anarchico Piranha. Le recenti escursioni dantesche per la serie Masters of Horror, riconfermano, eccome, il suo talento aggressivo e la sua intatta ”visione del Nuovo Mondo”.
di Lorenzo Codelli